LEGOland e LEGO House: un mondo di mattoncini

[SPOILER: LE FOTO SONO TREMENDE PERCHE’ LE HO FATTE IO E NE HO FATTE PURE POCHE PERCHE’ MI SONO PERSA A GIOCARE. NO, NON ME NE VERGOGNO]

Nell’estate più calda degli ultimi quattromila anni (fonte: Studio Aperto), non te li vuoi fare tre giorni in Danimarca a base di mattoncini?

Come sempre parto dai lati negativi (anche perché c’è davvero qualcuno che può parlar male di un mondo fatto di LEGO?).
Per me i paesi scandinavi sono allo stesso tempo una figata e la massima summa del concetto di frustrazione: educazione, precisione e temperature umane accompagnate però da una rigidità mentale davvero eccessiva. Roba che se potessi distillare la rottura di cazzo generata dal loro impuntarsi su dettagli inutili, mi chiamerebbe l’ISIS chiedendomi se posso vendere loro un po’ di quest’arma chimica.
E poi i soldi. Madonna mia, io non ero più abituata a questo cambio difficilissimo fatto di migliaia, di numeri dispari e di emicranie. Delle banconote non parlo, perché ho pagato tutto con la carta, ‘che le monete bucate mi fanno impressione.
Ma insomma, a parte questo tutto meraviglioso (cit.): in fondo lo scopo dei LEGO è esattamente questo.

Parto dalla LEGO House che è solo il posto il più bello del mondo.
Non è (solo) un museo, non è (solo) un’esposizione: è la prova tangibile di come potrebbe essere il mondo. E di come, in realtà, le limitazioni siano ciò che ci spinge a migliorarci ogni giorno.
In fondo, cosa c’è di più ‘squadrato’ di un mattoncino LEGO? Eppure dove qualcuno vede un ostacolo (‘uhm, non c’è il pezzo per fare il capolavoro che ho in mente’), qualcun altro intravede infinite possibilità.
La LEGO House è divisa in 4 zone marcate dal colore, alle quali si accede dopo aver ispezionato l’immenso Albero della creatività e aver perso mezz’ora a bocca aperta davanti a tre dinosauri, ognuno costruito con una diversa tipologia di pezzi LEGO (DUPLO, System e Technic, ovvero la triade della figata, la Sacra Corona Unita della creatività).
Se riuscite a staccarvi prima della mezz’ora stimata da me, non vi meritate di stare qui.

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DUPLO
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System
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Sì, l’uovo è abitato, dio quanto li amo
LEGO House dinosauri
Technic
LEGO House dinosauri
La triade della figaggine

Poi, dicevamo, partono le aree, abilmente indicate dai colori classici (sì, c’è anche il verde, gli amanti dei LEGO sanno il perché di questa precisazione…) e così suddivise:
– Rosso: creatività
– Giallo: emozioni
– Verde: interazione e comunicazione
– Blu: logica

Ogni zona ha il suo highlight, che non è quello che vi aspettate: nella zona rossa, per esempio, vi potrei citare l’immensa cascata di mattoncini, ma la cosa unica è stata vedere come anche elementi estranei attirino chiunque, semplicemente parlando al bambino che c’è in tutti noi. Nella zona blu del test drive ho, abbastanza timidamente, costruito il mio miniquad rosa, con la speranza che non facesse più schifo di quello dei bimbi che mi circondavano (evidentemente tutti Mastri Costruttori, altrimenti non si spiega…).
Mi sono guadagnata del rispetto tra i bimbi danesi grazie ad un paio di vittorie, ma quando mi sono *davvero* guardata intorno ho visto papà presi a riprodurre le loro moto, adulti intenti a cercare il pezzetto perfetto per il loro drag fiammeggiante, genitori che superavano le barriere linguistiche semplicemente sfidandosi e ridendo di ogni disastro.
La mia preferita, comunque, resta la zona blu con la proposta City Architect (niente a che vedere con la linea LEGO Architect): un gigantesco simulatore tipo Sim City che  avevo approcciato con un po’ di diffidenza, salvo poi trovarmi a tirare fuori l’assessore al piano regolatore che risiedeva in me (approfitto del post per scusarmi con i due fratellini di nazionalità sconosciuta che hanno provato ad unirsi a me e che sono scappati rapidamente perché potrei aver reagito un po’ male quando MI HANNO SPUTTANANDO TUTTA LA ZONA DELLO STADIO. Scusate, ma ecco, avevo ragione io).

Vabbè, non entro troppo nei dettagli per non rovinarvi la sorpresa, ma sappiate che vi divertirete un mondo e vi resterà attaccata una positività e una voglia di fare che non si trova altrove.
A proposito di restare attaccato: quando ho raccontano delle immense vasche di LEGO a disposizione di tutti, la risposta è sempre stata ‘ma così? E se rubano i pezzi?’.
Vi giuro, per tutte le ore che ho trascorso lì dentro (stimo tra le 4 e le 12…) è un pensiero che non mi ha mai sfiorato: tutta l’energia positiva che si respira annulla automaticamente qualsiasi pensiero negativo.
Ah, ultima cosa e poi smetto, giuro: l’immenso atrio, lo shop e il ristorante sono accessibili anche senza pagare il biglietto. Il ristorante vale in modo particolare una visita (anche perché non è che Billund offra esattamente mille opzioni per pasteggiare…): quello che dovete fare è sedervi, costruire il vostro ordine con i mattoncini che vi verranno consegnati e attendere il delivery tramite robot.
Se il futuro è questo, io ci sto.

E poi c’è LEGOland.
Uscendo dalla LEGO House ed entrando a LEGOland la differenza principale col resto della città (oddio, città…) è lampante e balza subito agli occhi. Tutto sta nei colori: nel parco e nella House è tutto ipersaturato, fuori invece i colori non esistono. Tutto è garbatamente pastello, lineare, tono su tono. Certo, poi il tasso di suicidi è stellare, ma insomma, è un piccolo tributo che bisogna pagare all’eleganza.
LEGOland è la versione mattoncinata di Disneyland, quindi il mio approccio è lo stesso: bello, ma troppi bambini.
Ok, qui sono tutti educatissimi e le attrazioni (ogni volta che le definite ‘giostre’ un marketing manager muore) sono persino più interattive (la Fire Brigade è insuperabile), ma il concetto resta: con meno bambini io mi divertirei di più.

E comunque nella sfida dei laser ninja nella zona di Ninjago io e bimbosconosciuto abbiamo pareggiato nonostante io l’abbia fatto con lo zaino.

SIA MESSO AGLI ATTI.

 

LEGO House cascata di mattoncini


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