E così è successo che ci siamo ritrovati con una settimana di ferie da bruciare OBBLIGATORIAMENTE A MARZO. E lo dico incazzata perché mi ero già immaginata di poterla fare ad aprile in mezzo ai ciliegi giapponesi, e invece no, marzo, maledetto anno fiscale inutile.
Siccome non esiste che io vada in Giappone e non veda i ciliegi in fiore, abbiamo scelto a caso una meta a caso, lanciandoci per la prima (e credo ultima) volta nei caldi mari dei Caraibi.
Siccome siete qui per sapere
1) le nostre sfighe
2) come sopravvivere a Cuba
farò in modo che i due elenchi coincidano, così risparmiamo tutti tempo.
IL GIRO
Il nostro mini-tour è iniziato a L’Avana e ci ha portato poi a Viñales, Cayo Jutìas, Trinidad e nuovamente a L’Avana. Tutti gli spostamenti sono avvenuti tramite taxi o mini-pulmini, cortesemente prenotati dai proprietari delle case particulares, perché come sempre ci eravamo affidati alla sorte. Abbiamo vagliato anche l’autobus per la tratta Viñales-Trinidad, ma le DIECI ore di percorrenza ci hanno fatto desistere. Vi direi che abbiamo scelto la vita, ma con i mini-pulmini (sì, plurale…) c’abbiamo comunque messo sei ore abbondanti: la vita è un’altra cosa.
ALLOGGI
Siamo stati sempre nelle case particulares, scelta che rifarei altre mille volte e che consiglio a chiunque.
Solo due annotazioni:
– chiamate per confermare, soprattutto la prima sera, soprattutto se arrivate tardi, soprattutto a L’Avana. In tutte le altre località non abbiamo avuto problemi, ma nella capitale se non vi presentate ad un orario che LORO considerano accettabile vi daranno via la camera.
– scegliete con attenzione la casa particulares e almeno a L’Avana spendeteci un po’ di più. Anche qui: in tutti gli altri posti siamo stati benissimo, ma qui…
Per farla breve, quasi tutto a Cuba è andato liscio, se escludiamo il nostro arrivo.
L’AVANA (O HAVANA O LA HABANA)(e il SEO è fatto)
Atterriamo a L’Avana verso le 22 e tempo un’ora siamo alla ricerca dei taxi, senza aver consegnato all’immigrazione il foglietto compilato sull’aereo. Penso che mi devono arrestare, tutto sommato Cuba può essere una buona meta.
Il tassista molto gentilmente ci aspetta mentre cambiamo i soldi, ma tempo dieci minuti capisco che non è gentilezza: è proprio che nessuno ha fretta. Per nessun motivo. Mai.
Prevedo le mie difficoltà, io che non sopporto perdere tempo (anche fare pipì per me è una perdita di tempo) e che ci metto qualche giorno per sentirmi ‘davvero’ in vacanza.
Arriviamo alla nostra casa particular in Habana Vieja e ci accoglie una vecchietta che prende i nostri passaporti e ci lascia sulle sedie a dondolo ad attendere. Quanto aspetteremo mai, dico io. Cinque minuti? Dieci?
Dopo mezz’ora realizzo che la signora è al telefono e sta chiamando tutto il parentado. Andrea è già in modalità pensionato e si dondola sulla sedia, buttando lì un
‘Pensa se ora torna di qua e ci dice che ha dato via la stanza perché siamo arrivati tardi’.
‘Ahahah, ma figurati, dai’.
Passa un altro quarto d’ora e la profezia del maledetto uccellaccio del malaugurio si avvera: non abbiamo una camera e pare non ce ne siano da nessuna parte in tutti i caraibi (in 45 minuti io mi auguro abbia chiamato i parenti a Puerto Rico).
Abbiamo due soluzioni: andarcene e tentare la fortuna altrove o stare qui in una sorta di sgabuzzino e avere la camera che ci spetta dal giorno dopo.
Io sono una iena e preferirei dormire per terra piuttosto che stare ancora vicino alla vecchia maledetta (quanto pagherò questa frase…), ma Andrea mi fa notare che il rischio è di trovarci letteralmente in mezzo alla strada con i nostri bagagli.
Decidiamo di restare e finiamo per passare la notte in un ex garage con un lettino, senza bagno e a un centimetro dal gas di scarico di quelle American cars che non vedono una revisione da quando sono uscite dalla fabbrica (ciao Euro 189).
La notte, ad oggi, detiene ancora saldamente lo scettro per ‘peggior nottata della vita’, superando agilmente le 72 ore di febbre a 40° post vaccino della meningite, quando mi sono trovata a Sarajevo circondata da gente che armata che mi voleva far fuori perché avevo fatto una foto ad un palazzo in rovina (mai scoperto cosa fosse) e pure quando abbiamo cambiato casa e ci siamo trovati a gennaio senza riscaldamento né acqua calda.
L’unico lato positivo? La mattina dopo ero talmente stralunata, che il solo allontanarmi da quella casa mi aveva catapultato nella modalità vacanza.
A PARTE QUESTO, AMICI, TUTTO BENE A L’AVANA, MOLTO BELLA.
Noi abbiamo battuto abbastanza bene tutta Havana Vieja e non mi metterò a descrivere i grandi classici che visitano tutti (Capitolio, Museo Nacional de Bellas Artes, Plaza de la Catedral, Museo de la Revolución, l’Hotel Nacional, la Plaza Vieja…) perché lo potete trovare ovunque.
Segnalo però:
– il Castillo de la Real Fuerza, un forte accanto a Plaza de Armas risalente ai tempi del dominio spagnolo nei Caraibi (so che sembra un fortino dei pirati, ma no, era una roba dell’impero)(ai vostri fidanzati potete comunque dire che c’entrano i pirati, io vi reggo il gioco). Da amanti di castelli e fortezze non potevamo perderlo: il museo interno è ricchissimo di modelli navali, di armi e di reperti recuperati da navi affondate. Fighissimo.
– il Mercado de Artesania sul Malecon, una sorta di mercato artigianale dove potete mettere a punto le vostre capacità di contrattazione. Appena fuori, sul molo, fermatevi a mangiare al Cerveceria Antiguo Almacen de la Madera y El Tabaco.
– Il Malecon: passeggiateci a qualunque ora del giorno e vi rimetterà al mondo. Se, come Andrea, vi presentate con la maglietta di Fast&Furious, diventerete amici di tutti i guidatori di American Cars in due secondi (mio dio, l’imbarazzo, manco gli americani erano così tamarri).
Se programmate di visitare anche altre città, come abbiamo fatto noi, NON COMPRARE né sigari né rhum: più avanti troverete articoli molto più soddisfacenti a prezzi molto più competitivi.
Ma ne parliamo nel prossimo post.
TRUFFE
Boh, a noi non è successo nulla (sarà stata la maglietta di Fast&Furious? Sarà che non siamo dei dementi totali? Chi lo sa) ma abbiamo incrociato gente che è stata raggirata nei modi più sciocchi.
Di base, i cubani hanno tre modi per farsi dare qualche pesos dai turisti:
– vendere sigari di dubbia qualità
– puntare sulla compassione con storie strappalacrime
– portarvi in qualche locale o hotel e prendersi la stecca.
Come vedete, niente di particolarmente elaborato, anche perché al primo ‘no’ smettono di insistere. Meraviglioso.
All’ex fabbrica dei Partagas – che si può visitare solo al mattino – nel pomeriggio proveranno a vendervi sigari semi rinsecchiti o a farsi dare dei soldi con la scusa della cooperativa del latte per i neonati: noi abbiamo salvato una coppia di tedeschi dall’acquisto fallato dei sigari, mentre nulla abbiamo potuto fare per la coppia di italiani che ha creduto alla storia del latte (a nostra discolpa non li avevamo visti).
Però oh, davvero: se siete sopravvissuti ai cingalesi che provano a vendervi le rose il sabato sera, Cuba sarà una passeggiata per voi.
Una risposta a "L’Avana: benvenuti ai Caraibi"